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al testo di Ada Aliprandi
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Sciabole di
consapevolezza si squarciano sull'agonizzante Terra. Piangono sull'asfalto melmoso di luci senza pienezza dal loro spazio infinito di cose finite. Piangono i santi di ogni epoca. In questa città di scheletri e vermi viscidi. Compianto di Dio morto in croce. Scrivo cose non sense per difendermi dall'orrore. Sono protetta da mille luci sonore. E la libertà cresce. La vita va sulla tua testa. Gli angeli rigettati nel fiume della perdizione degli allori rinascono con forbici alate e pregano amore e amore rinasce … silenzi distorti e visioni plenilunari. … cuori strappati senza anestesia … nei soli gelidi tra le furie attese. Soltanto per stasera voglio stare in piedi. Baluastri d'insulti che le mani generano sui tasti esplodono ad ogni colpo. Narciso è dietro la crisalide psicoattiva. Pericolose convergenze nel nevischio della rabbia. Il gioco della penitenza. Il gioco dell'incoscienza. Niente di niente. Al centralino non rispondono. Incolmabile impazienza. Delitto della fede. Acqua è vita. Ho sete. Sprezzante vanescenza delle ridondanze superflue. Basta con queste poesie non poesie. La sfera primordiale del mio Io risiede nella casa in collina tra le tetre ombre delle memorie sospese. Qualcosa non funziona nell'aria gelida del tempo perso. Giaccio in un letto d'insicurezze ereditate e trasmesse come germi infetti. Connessione interrotta. Porte chiuse in faccia. Hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère. Ne t'inquiete pas. E' una storia lunga. E' una storia perversa. Mi va d'inventare. Scagliare pietre contro le istituzioni destituenti. Non mi va di stare su una panchina stordita a leggere esorcismi di mari in tempesta e cantilene dilettantesche. E li e qui. Per sempre. Tabula rasa. Cogli la rosa prima che appassisca. Cogli la rosa e inghiottila voracemente. Andiamo via. Un'altra vita. E ancora e ancora. Ovunque. Sono. Esisto. O forse morte. |
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